Capitolo V
(diario inglese di un trentennesomething che abbandona le sicurezze familiari e si catapulta con i suoi sogni vecchi di quindici anni nella landa da cui proviene quasi tutta la musica che ha amato)
Scoprire
un miracolo indie mentre si compie. Trovarsi di fronte a un
talento ancora inespresso ma così luminoso da lasciare senza
parole per descrivere una musica che parla all'anima, con uno
spirito che sembra proferire solo una parola, "Purezza". Tutto
succede quando si inizia a parlare alle persone a cuore aperto.
E ditemi che non é così, ditemi che non succede così anche nelle
vostre vite. Il mondo inizia ad aprirsi come se fosse il vostro
specchio, le parole diventano più leggere e più profonde, gli
sguardi accarezzano, e se feriscono voi li trasformate in un
gioco, in un teatro di cui siete registi, per comporre una storia
che vi muove dentro, che muove le vostre vite. E' così che mi
é successo di parlare a Tommy, un volontario che aiuta a gestire
la Folk House. Tommy é sui trentacinque, un passato da freak-punk
e una passione per il folk inglese e per la chincaglieria indiepop.
E' altissimo, ha gli occhialini rotondi, barba-capelli neo-pre-post-again
hippy e indossa la stessa camicia rossa ricamata entrambe le
volte in cui ci incontriamo. La prima volta é alla FH, un posto
intimo frequentato da personcine dall'aspetto delicato e vintage.
Passo un pomeriggio per chiedere informazioni su un corso di
songwriting tenuto da Gerard Langley dei Blue Aeroplanes, e
ci trovo questo spilungone che mi dice che... ho perso l'aereo:
il corso é finito due settimane fa. Pazienza, iniziamo comunque
a chiacchierare e lui é incuriosito, mi fa mille domande e vi
assicuro che questo non é tipico degli inglesi, almeno di quelli
che ho conosciuto qui. Andiamo a fondo con le nostre passioni
musicali e saltano fuori Nick Drake, i Felt, Tim Buckley, i
Pearls Before Swine, persino Momus e King of Luxembourg. Poi
ci si addentra in territori religiosi e filosofici, in storie
familiari, in tristezze ataviche e gioie che fanno primavera.
Tommy mi "accoglie" con il cuore, e decide allora di rivelarmi
un segreto indie che conoscono in pochi qui a Bristol, e nessuno,
forse, a parte voi, adesso, al di fuori della città . Appuntamento
per due sere dopo, a un indirizzo nel quartiere di St.Paul.
Trovo Tommy che mi aspetta all'ingresso, una porta rossa in
legno con un'icona russa al centro. Entriamo, c'é una cucina,
segue una specie di salottino dove si apre una scala che scende,
illluminata da piccole candele. Arriviamo in una cantina arredata
come fosse la casa di Biancaneve e i Sette Nani. Ci sono solo
altre due persone, poi dalla scala arriva una ragazza goth con
vassoio, té e biscottini. Leggo sui tre flyer sul tavolo che
stasera in questo posto, "LIVE HERE", suonano S.S. & The Tigermouse.
Muoio dalla curiosità perchà© Tommy mi ha detto trattarsi di
meraviglia sublime. Un gruppo che (letteralmente) cambia nome
ad ogni concerto, che di concerti ne fa ancora pochissimi, che
non vuole uscire dalla cerchia di una sparuta elite finchà© il
leader non sarà certo al cento per cento di riuscire ad esprimere
esattamente ciò che desidera esprimere. E, ragazzi, se la perfezione
espressiva a cui aspira il giovane albino che ho visto in quella
cantina sarà superiore a ciò che ho sentito, allora saremo di
fronte a una nuova stella dall'attitudine indie-pop ma oltre
i confini di genere. Sono in quattro: voce e chitarra acustica
(oltre a corno e tromba), tastiere-basso (come i Doors), elettrica,
percussioni/batteria. Provate a pensare agli Slowdive con una
voce fra Cohen e Buckley che jammano con Wyatt. O ai My Bloody
Valentine con inserti di tastiere Felt e i Talk Talk che affogano
ogni slancio. O ancora ai Big Star che affidano il songwriting
ai Clientele e la produzione a John Cale. Il fatto, amici, é
che non posso dire altro. Ho promesso solennemente che avrei
solo accennato all'esistenza di questo progetto senza svelarne
dettagli, nomi, riferimenti. Speriamo soltanto, fingers crossed,
che l'albino decida un giorno di uscire da quella cantina.
Dopo
questa sbornia di meraviglia musicale inaspettata, il resto
dei concerti, per quanto interessanti, hanno perso lo smalto
che misticamente si attribuisce a musicisti ascoltati su disco
e che solo per questo acquistano un alone di magia. E allora
sì, i
Vetiver con Devendra Banhart
sono stati interessanti, Currituck & Co. forse un po' di più,
Micah P. Hinson passionale come nessuno, Matt Elliott emozionante
e tragico, Efterklang trascurabili, Oneida grotteschi e divertenti,
Smog un titano, ma alla fine non darei via il concertino di
S.S. & The Tigermouse per nessuno di questi. E così questo mese
ho conosciuto personalità così interessanti di gente più o meno
comune, o personalità ai margini, o nelle cantine, che mi chiedo
davvero perchà© si perda tanto tempo dietro a "nomi" lontani,
a cose che non possediamo, a icone luccicanti, quando la meraviglia
é a portata di mano tutti i giorni: e allora nella mia vacanza
fra buddisti in Provenza ho conosciuto Andy, una specie di neo-incarnazione
di Captain Beefheart, un giovine di Brighton dalla volontà di
ferro e dal sogno di una musica del tutto anticommerciale, che
desidera vivere di ciò che scrive, e sono certo che ce la farà ,
nonostante i suoni che produce siano un po come... immaginate
i Napalm Death resi bluegrass da Beefheart. E poi ecco le stelle
dello street party: lo street party é una roba tipica di alcuni
quartieri di Bristol. La sera la gente chiude la propria strada,
la riempie di bandierine colorate e candele, ognuno apre le
porte della propria casa e cucina in strada. Si beve, si balla,
si gioca, si mangia, si chiacchiera. Allora conosco Lillie,
una pianista eccezionale, settantanne, che ci delizia insieme
alla sua band con del folk tradizionale e ballerino. E poi Angela,
pittrice e madre, viaggiatrice in Italia negli anni 50 e 60,
e sperimentatrice esistenziale in Colombia nei 70, sguardo dolce
e attento, e una promessa di farmi vedere la foto di lei sedicenne
a Monterosso, nel '57.
E quante altre persone e mondi posso ancora scoprire se solo
il mio cuore non smetterà di aprirsi. Le persone che fanno già
parte della mia vita, le so accogliere come riesco ad accogliere,
a volte, gli sconosciuti? Sono abbastanza amico di chi mi é
amico, come il mio caro Anthony che qui in Inghilterra continua
ad essere un pilastro senza paragoni? E tutti gli altri? E se
fossi stato un sopravvissuto a Londra giovedì scorso, avrei
saputo fare la cosa giusta per chi aveva bisogno di soccorso
oppure stava morendo? Qui la gente non mostra troppo ciò che
prova, non parla molto di quello che é successo. Qualcuno però
ha spaccato le vetrate della moschea qui a Bristol, imbrattando
di insulti anti-musulmani con lo spray le pareti del tempio.
Qui, come sempre, amici, c'é bisogno di tirare fuori la voce
della poesia dalla cantina, e farla risuonare forte in tutto
il mondo.
Davide Ariasso
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