Capitolo VI
(diario inglese di un trentennesomething che abbandona le sicurezze familiari e si catapulta con i suoi sogni vecchi di quindici anni nella landa da cui proviene quasi tutta la musica che ha amato)
Non l'avrei mai immaginato. O forse sarebbe stato comunque il modo più conseguente. Una mattina lavorativa come altre mi sono svegliato e o visto sul comodino, emergere fra riviste e quotidiani, "Louder than bombs". Lo prendo, esco di casa e mi avvio sotto il cielo grigiastro e ventoso alla fermata dell'autobus, il numero 7 della linea Staple Hill-City Centre. I trasporti pubblici di Bristol sono fra i peggiori che abbia mai sperimentato in qualsiasi città europea e persino italiana, quindi ho tutto il tempo di dedicarmi alla decisione di cosa fare una volta a bordo, se finire un libro di Bassani (continuo a leggere scrittori italiani... forse per sentirmi più saldo nella mia identita' ?) o se mettere
le cuffie e ascoltare gli Smiths. Sono mesi che non lo faccio. Mentre alla fermata la coda aumenta a dismisura (ordinatissima, però), tiro fuori il walkman, estraggo il cd di psichedelia svedese dei fatasmagorici Dungen e piazzo nel cerchiolino Morrissey & Co.
Arriva l'autobus, altri dieci minuti prima che siano saliti tutti, perchà© il biglietto lo si fa sul momento. Inizio ad ascoltare. Mentre guardo fuori dal finestrino il paesaggio che scorre, e mentre osservo qualche passeggero che accende il mio interesse, ascolto la musica. Ascolto le parole cantate. Penso, mi rendo conto, come se non lo sapessi, che le canzoni parlano quasi tutte di adolescenza, ma proprio della prima adolescenza. E penso a cosa provavo io anni addietro ad ascoltare quelle canzoni, con quegli arrangiamenti e melodismi vocali azzeccati come pochi altri per far scattare reazioni emotive. Mi rendo conto del lavoro magistrale di Morrissey & Marr: anche se li ho sempre amati, non sono mai stati al top delle mie classifiche (da sempre fra Smiths e Felt scelgo senza dubbio i
secondi... e da molto prima che lo dichiarasse Stuart Murdoch!). Si tratta di un lavoro d'artificio incredibile, di una tecnica sopraffina in possesso solo dei migliori artigiani del pop di sempre. Ma la mia riflessione tocca solo marginalmente questo punto, anche se si tratta di un corollario fondamentale. Ora mi rendo conto, ancora meglio, dell'Inghilterra immaginata attraverso quelle canzoni.
Il mio viaggio qui. Il mio viaggio é stato l'inizio di un movimento come quello di Alice attraverso lo specchio, o come il video di "Take on me" degli A-ha, o come qualsiasi altro modello filmico (l'"Orfeo" di Cocteau...) o letterario in cui un personaggio entra in una dimensione altra rispetto alla realtà . Finalmente ha il coraggio di fare quel passo in più per "andare a vedere", e toccare la carne dei propri sogni. Partiamo dal sogno. Il sogno della Terra mitica di Albione. Prendiamo le canzoni degli Smiths. L'inghilterra e l'inglese in quella canzone sono popolati sì di personaggi perdenti o delusi, sempre feriti o incompresi e quindi ribollenti di emozioni, ma se si guardano le liriche a fondo, Morrissey usa un modello letterario/cinematografico di spostamento del punto di vista fra
verso e verso, di passaggio fra discorso diretto e indiretto, che dovrebbe far pensare più a ritratti di realismo poetico che a confessioni emotive di un "Io" in cui identificarsi. La musica che sostiene e intensifica i passaggi delle storie ha dell'epico e dell'intimo insieme, in un equilibrio sottile che ingigantisce gli scivolamenti da maggiore a minore, o li accarezza gentilmente con arabeschi chitarristici come una "Hand that rocks the cradle". Il risultato, un romanticismo straripante di emotività del pensiero e del sogno: cinema.
Ecco che l'Inghilterra della mia mente prende forma. E così l'inglese come lingua. Un ritmo, un'emozione, una musica, una vibrazione che trasforma la vita interiore in una bellezza alla quale da soli, con la propria vita, si credeva di non riuscire ad accedere. Ho preso come esempio gli Smiths perchà© sono stati maestri di manipolazione ed é tutt'ora un piacere farsi manipolare da loro, ma potevo prendere decine di altre pop band. Per me l'Inghilterra doveva avere intrinsecamente nell'aria, nelle persone, nelle cose, nella vita, tutto questo. Spesso ho sognato in inglese. La mia vita trasformata in bellezza. Un delirio meraviglioso. Come essere toccati da una bacchetta magica. Come spiccare il volo ed entrare nel proprio
sogno credendo che quel sogno si trovi in un luogo sulla terra. Un romanticismo che toglie il respiro, una nostalgia della bellezza che squarcia, un desiderio di assoluto che tocca vette di lussurioso delirio. Uno splendido volo d'Icaro.
Attraverso lo specchio, bruciato dal sole. E allora perche' non e' ancora successo? Dove troverò, qui in Inghilterra, quella bacchetta magica che doveva emergere da un quotidiano scevro di bassezza, di volgarità , di grottesco? Perchà© io in questi mesi, su questa pagina, vi ho forse un po' mentito. Ho omesso tutto ciò che rende difficile la vita dell'emigrante, che é anche una lotta contro la disgregazione e contro i demoni personali che ci seguono ovunque andiamo. E se si mette nel walkman una canzone triste, (che ne so, "Bog People" degli Xiu Xiu, tanto per stare leggeri), loro se ne pasciono e finito l'effetto catartico, te li trovi a succhiarti il sangue come le piattole.
Poi però arrivano momenti in cui il movimento si inverte. Il sogno e la canzone rivelano che la loro é sostanza umana. Non c'é nulla che posso prendere o rubare dalla vita dell'Inghilterra e dalle persone in carne ed ossa perchà© rendano la mia vita più magica di quello che già é. L'unico movimento che posso fare adesso é svuotare le tasche delle cose inutili e darmi da fare.
Cose utili, invece: a luglio vedo il mio culto Eyeless In Gaza, fra gli eroi più romantici e sottovalutati dell'epopea wave e finalmente conosco il mio idolo vocale Martyn Bates. A Bristol si va in pellegrinaggio all'Ashton Court Festival, l'evento annuale più atteso dai bristoliani: un pellegrinaggio in massa senza pari nemmeno ai tempi d'oro di Santiago de Compostela. Ospiti Super Furry Animals, Kid Carpet, Gravenhurst e molti altri minori. Bella atmosfera ma io non sono tipo da festival e preferisco posticini intimi e raccolti. Sarà agorafobia? Qualche festa in case private di bristoliani, alcol a catinelle e in più l'impressione che gli inglesi si divertano con meno artifizi degli italiani. Sarà vero? Comunque quando arriva Andrea, il mio caro amico torinese, pur essendo italiani ci
divertiamo un sacco. Insieme al fido Anthony visitiamo Stonehenge, Avebury, Salisbury, Bath e ovviamente Bristol. E balliamo e ridiamo e facciamo le cose che fanno gli amici. Mini-Festival psych-folk con Josephine Foster (una piccola delusione), Espers (magici, ma dopo venti minuti due...) e Devendra Banhart (in nuova versione glam-rock, very uplifting!). A Londra e a Reading per appuntamenti buddisti: garantito che si conoscono più persone tramite i contatti buddisti che su una chat-line! E mille altre cose, persone ed eventi... Ma questo, se lo é mai stato, da domani non assomiglierà più a un diario.
Davide Ariasso
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