Capitolo III
(diario inglese di un trentennesomething che abbandona le sicurezze familiari e si catapulta con i suoi sogni vecchi di quindici anni nella landa da cui proviene quasi tutta la musica che ha amato)
I
giovani inglesi sognano l'Australia. Gli inglesi di citta' sognano
di aprire la finestra della camera da letto sul paesaggio delle
Black Mountains nel Wales. Gli Inglesi del Nord provinciale
sognano il Sud dove ci sono vita, fun e lavoro. Alcuni giovani
inglesi si correggono dopo un paio di lager e dicono che in
Austalia non c'e' abbastanza cultura e quindi no, niente Australia.
Pero' la' le persone sono molto piu' calde di qui. Agli inglesi
Blair piace e non piace . La storia della guerra non va giu'
quasi a nessuno. Ma lo si vota con la pinza al naso perche'
"Qui in Inghilterra abbiamo questo antiquato sistema bipartitico.
Magari avessimo un proporzionale. E allora votiamo il male minore".
Non so se questa visione del bipartitismo, antitetica alla propaganda
italiana, vi fa tornare alla mente un certo periodo di transizione
nella nostra storia recente... L'estate inglese e' bella e dolce
ma gli inglesi sanno che non si puo' paragonare al mediterraneo.
I bristoliani sono orgogliosi della loro citta'. Pero' Bristol,
dicono, fa un po' schifo. E io sono qui, in una citta' piena
di vita, amata dagli stessi che le gettano fango addosso. In
un paese che sembra sentirsi inadeguato a rapportarsi con l'Europa,
con la pesante eredita' di uno splendido isolamento che e' insieme
aristocrazia e goffaggine.
Quanto mi piace scoprire un paese attraverso le persone, gli
usi quotidiani, l'atmosfera che lentamente mi permea. Non sono
mai stato un bravo turista. Mi viene l'angoscia al pensiero
di dover cogliere qualcosa di un luogo in una settimana, rubando
scatti di luoghi forse splendidi che diventano anonimi perche'
beni di consumo e dubbi segni di uno status, quello di chi "ha
visto il mondo". Quando "vedere", oggi, non e' niente... Ma
ferma un attimo: come sto parlando? Sto parlando da aristocratico!
Sto parlando quasi come fossi un nobile viaggiatore inglese
o francese o tedesco, del Settecento o dell'Ottocento. Da privilegiato.
Insomma, sto gettando alle ortiche le scelte di piccole o grandi
gioie di viaggio di milioni di persone, che sognano di imbarcarsi
almeno una volta all'anno per staccarsi da una quotidianita'
a volte un po' grigia. Che arroganza! Che snob! La mia e' invidia
forse, invidia della gioia delle piccole cose. Dunque torniamo,
allegramente, con i piedi per terra: anche perche' io qui mi
faccio comunque il culo sette ore e mezza al giorno, magari
potessi fare un po' di piu' il turista! Dimenticavo: fare il
turista mi fa cagare.
E' cosi', indie-friends, le contraddizioni spesso proprio non
si sciolgono, e forse va bene lo stesso. Me ne rendevo conto
all'inizio di maggio, quando dopo tre mesi, per la prima volta
dalla mia partenza per l'Inghilterra, ritornavo per un breve
soggiorno italiano. Un soggiorno si' da vero turista, in cui
ho concentrato in sette giorni il piu' alto numero possibile
non di musei, chiese o parchi naturali, ma di amici da vedere.
In questo caso, anche solo "vedere" e' stato abbastanza. E insieme
vedere che il desiderio, nella sua sostanza, e' sempre qualcosa
che non c'e', qui e adesso.
Dal mio diario di viaggio (2 Maggio 2005, National Express Bus,
Bristol-London): "
Che fortuna aver scoperto Bristol. Che
fortuna aver conosciuto Paul e Anthony (il mio amico cinese,
non il cantante). In questo momento, mentre mi sto allontanando,
amo tutto quello che ho vissuto qui, le persone, i posti, le
cose... anche il lousy job. Non importa dove saro' nei prossimi
mesi, se saro' di nuovo qui, se mi fermero' in Italia, se andro'
a stare a Londra o in qualsiasi altro luogo. Oggi mi sembra
quasi che l'Inghilterra sia la scoperta del mio cuore. Chissa'
se a casa mi vedranno cambiato".
Adesso scendiamo davvero con in piedi per terra, sporchiamoci
nel fango della Storia! Che e' successo in questi due mesi?
Ho rinsaldato qualche legame e ho approfondito la conoscenza
di quest'angolo d'Inghilterra (Birmingham, Bath, qualche piccolo
delizioso paesino), poi ho scoperto qualche interessante situazione
musicale. Per iniziare, qui la gente, apparentemente piu' fredda
degli Italiani, ha comunque un suo modo peculiare di entrare
in relazione con gli altri. E' sera, sono alla fermata dell'autobus
con in mano il programma dei festival estivi in quest'area.
C'e' un ragazzino sui 20, con la testa bionda rasta, ma vestito
bene. Attacca discorso, mi chiede di vedere la guida ai festival,
vuole sapere cosa faccio a Bristol. Lui e' uno studente d'arte.
Saliamo sull'autobus e in pochissimo diventiamo amici, anche
perche' scopriamo di essere nati lo stesso giorno dell'anno,
il 24 maggio. Data comune anche con Bob Dylan, per cui il ragazzino,
per me, diventa subito "Bob". Bob m'invita al Trinity Arts Centre
il sabato successivo, per una serata dub-psichedelica. Ci sono
un mucchio di giovini alterati, sembra un meeting per fan degli
Ozric Tentacles. Bob e' semplice, diretto, friendly, con tratti
ermetici. I suoi quadri, seppur ancora grezzi, palpitano.
Al
Trinity Arts Centre io ed Anthony andiamo poi a vedere la stupenda
Joanna Newsom (con Six Organs of
Admittance e White Magic, entrambi due "sole" colossali): lei
qui in Inghilterra e' una star, una star vera e propria, adorata
da migliaia di fan. Misteri del mercato musicale, qui la musica
dello spot di uno dei formaggi piu' venduti e' un brano di Devendra
Banhart. Il concerto di Joanna e' breve perche' lei si spella
le dita a suonare l'arpa (!), pero' e' intenso ed esattamente
come ci si aspetta: dolce, infantile ed evocativo. C'e' una
flautista che s'inserisce per qualche canzone e i pezzi nuovi
sembrano piu' complessi di quelli su "The Milk-Eyed Mender":
ricordano quasi le follie di Tim Buckley. Chissa' come sara'
il disco. A questo concerto conosco un personaggio bizzarro,
Huntley. E' un ottimo fotografo, lavora sporadicamente per qualche
testata importante (non ricordo quali), e fa una vita da bohà©me
come ho visto fare in pochissimi casi. Una settimana a Londra,
due ad Amsterdam, una a Parigi, cinque giorni in Umbria, sempre
ospite di amici, sempre senza il becco di un quattrino. Gli
parli e sembra che non ti stia ascoltando, sembra vagare da
tutt'altra parte, poi invece quando ti risponde t'accorgi che
non solo ti ascolta, ma ti prende anche a cuore. Mi porta al
mare, se cosi' vogliamo chiamare l'infinita distesa fangosa
di Weston Super-Mare, una specie di Riccione in miniatura, con
spiaggia libera lunghissima (in tutte le direzioni) e mare irraggiungibile
perche' in costante bassa marea. Cioe', qui la gente non puo'
fare il bagno! Nemmeno gettandosi dal Pier che penetra per un
centinaio di metri dalla costa. Fango, fango, fango. E dire
che siamo praticamente sull'oceano! Tutti mi dicono che in Cornovaglia
e' piu' bello, anche se a causa del freddo pochi s'arrischiano
a gettarsi in mare.
Scopro un paio di serate che suonano non male: "Gloria", dedita
al suono newyorchese di fine 70/inizio 80 (punk funk e proto
electro), e "Wonky", una gay-Indie-night dove si ballano dai
Pixies a Morrissey agli
Hot
Chip ai Ladytron. Vado ad entrambe con Jean Ives, uno squinternato
studente francese che ha vissuto a Londra per un paio di anni
e detesta Bristol per il suo "slow pace". E' comprensibile:
e' il lato bello di Bristol ma insieme quello che a volte puo'
arrivare ad irritare anche me. Tutti sono cosi' rilassati e
sintonizzati sul "pub-time" che sembra di essere in un telefilm
su un allegro e pacifico villaggio, dove le tensioni ci sono
ma sono tenute nascoste finche' non esplodono letteralmente
in una bomba (in genere il sabato notte, con cortei d'ambulanze,
vigili del fuoco e polizia che scorrazzano sonoramente per tutta
la citta'). In ogni caso io e Jean Ives ci divertiamo da matti
soprattutto a "Gloria", dove conosciamo una coppia di giovani
scentrati che ci coinvolgono a ballare con loro. La ragazza,
di cui non ricordo il nome causa abbondanza di pinte, e' una
versione brunetta e glamourous di "Phoebe" di "Friends" (serie
che detesto, ma quello e' l'unico personaggio che mi piace).
Dice assurdita' a raffica, e' cosi' simpatica, inventa balli
strani e continua a pagarci da bere, finche' non da' un po'
di matto e inizia a picchiare sulla testa un paio di ragazzi
che non fanno male a nessuno e che lei nemmeno conosce. Semplicemente,
come mi spiega dopo che ci hanno buttato fuori dal locale, non
le piacevano ed erano vestiti in modo ridicolo. Santo Cielo.
Per fortuna non si scatena niente di furioso. Parte qualche
spintone e poi arriva il solito gorilla, fa di tutti noi un
pacco e ci "invita" a lasciare il locale.
Altri concerti: ottimi dal vivo i British Sea Power, coinvolgenti
e con mille influenze amalgamate alla perfezione. Non male Herman
Dune, gig non strepitoso ma la venue era la mia preferita, il
Cube, micro-miniplex tutto legno dove anche Meat Loaf suonerebbe
intimo e carino.
Kid Carpet live
e' un'esperienza pazzesca, da scompisciarsi dalle risate, con
installazioni video gigionesche e antigovernative e una girandola
di giocattoli sonori mai visti. Purtroppo mi perdo sia gli Arcade
Fire che gli House of Love: suonano nella settimana in cui torno
in Italia, dove pero' rivedo per la seconda volta in due mesi
la mia ossessione, Antony & the Johnsons. A proposito... Vai
al
Capitolo IV.
Davide Ariasso
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