"Agosto è il mese
più freddo dell'anno,
l'inverno si sposta sei mesi in avanti
e non è il polo sud, no, non è il polo sud."
Perturbazione, Agosto
Settembre 2001
Freddo, freddo come non pensavo che ci si potesse sentire
mai. Mi scopro così.
Ho perso un amico dopo l'altro in un anno. Ed ora non sono
solo e soprattutto non ci penso. L'avevo immaginato diverso
elaborare un lutto. Con molte più pause, molte più crisi.
E invece sorrido davanti ad una vetrina di dischi, impilati
dolci e ammiccanti. Sorrido.
Sorrido per quanto sono stronzo, per quanto sia bello e forte
e magico avere diciannove anni, per le cose a cui posso ambire.
Già le sento, le sfioro.
Mi piaccio riflesso in vetrina, mi guardo a lungo, indeciso
se acquistare un biglietto aereo per l'Inghilterra o se lasciarmi
cullare dal non far nulla qui, in provincia di una provincia
di una nazione in provicia dell'impero.
Sbadiglio. Mi incammino verso l'università, fortezza che custodisce
i sogni destinati ad infrangersi.
Triste vuota bastarda università.
Ci sono dentro da un giorno e ti odio già. Odio i fuoricorso
buttati sulla gradinata, coricati tra le loro bottiglie di
birra ed i cani, così finti nel loro essere fuori dal tempo,
eppure così splendidamente integrati nel panorama. Odio gli
intellettuali da caffè, prototipi di prototipi di ragazzi.
Odio le teste rasate che fumano di fianco al loro banchetto,
con le bandiere italiane, le aquile cucite sui bomber. Odio
i cinquantenni marxisti leninisti, che mi insultano perché
sono di corsa e non mi godo la bellezza del mondo. Dove sarebbe
questa bellezza? Nelle vostre giacche, nelle vostre parole
fitte, nel panorama orribile che mi si para davanti? Sono
spaesato, ma è giusto. Sono sicuro nello stesso tempo.
Ho un walkman con me, ho Lei al mio fianco. È tutto quello
che mi serve.
Controllo i risultati dell'esame di ammissione.
Sorrido.
Guardo davanti a me. Se quello che vedo è il futuro, cazzo,
siamo messi male.
Eppure non mi sono mai sentito così felice.
Gennaio 2003
Lei parte domani.
Sembra trascorso un decennio da settembre 2001, il giorno
della mia ammissione all'università.
In tutto questo tempo è sparito un mondo. Il mio, fino ad
oggi, era saldo al suo posto.
Nella mia mano cioè.
Da oggi sparisce anche lui.
Bevo da solo e mi sembro così inutile. A bere da solo ti senti
una parodia di te. Di quello che potresti essere se bevessi
da solo.
Ho gli occhi coperti e la testa fra le gambe.
Come se non bastasse ho questo disco da un paio di settimane.
Perturbazione.
Non mi aiutate, Perturbazione.
L'ha acquistato un amico il vostro disco. Credeva foste un
gruppo hardcore.
Ricordo quando me l'ha raccontato.
-Te lo regalo, è un cd per te.
- Perché?
-Ascolta agosto. Senza di me, non vorrei vederti piangere.
-Piangere?
Ascolto agosto, piango.
Direi che Luca mi conosce piuttosto bene.
In circolo diventa la mia colonna sonora.
Fino a quando Lei non mi telefona.
Parto, mi dice, starò via per un anno.
Erano due settimane che non piangevo per colpa dei Perturbazione.
Questa volta la colpa non è loro, ma mi piace pensare che
sia così.
Prometto che non riascolterò più quel disco.
Non mantengo la mia promessa.
Ma non ascolterò più agosto.
Agosto 2003
Ingenuo. Ingenuo.
Dovreste vedere come sono bello. Occhiali, denti bianchi.
Maglietta ultra small. Gialla. Griffata Atari.
Sapete come sono quelle notti d'estate, quelle da soli.
Sul tetto.
Ad aspettare le vacanze con un quaderno.
Dal mio tetto si vede la collina. Si vedono le luci.
Si sentono le voci degli amici, quelli che non ci sono più.
Si vede il fumo alzarsi dalle sigarette d'erba dei ragazzi
che si tengono per mano.
Il mio tetto è uno specchio per mondi, ed io ne rubo l'immagine
riflessa.
La rubo, e la butto in una borsa. Magari quella verde che
avevo il primo giorno all'università.
E sapete che faccio, la riempio.
E ci metto tutto dentro, le foto di lei, che è lontana ma
che continua ad amarmi.
I libri in edizione tascabile con le orecchie e le frasi sottolineate.
E il disco dei Perturbazione.
Che mi ha fatto piangere quando già stavo male.
Anzi, magari rientro e lo metto su.
Traccia due, agosto.
Avevate capito tutto, voi.
Sei mesi fa, come oggi.
Ma questa volta non mi scappa nemmeno una lacrima.
Tanto lo so, domani è già inverno, e il freddo, finalmente,
smetterà di farmi male.
Giuseppe Bottero