Routine, dea pagana di giacche e tram
"Take me home tonight,
where there is music and there is people and the young are alive
The Smiths, There is a light that never goes out
Infilare la giacca e gli occhiali. Odori di dentifricio e sigaretta e caffè. Sexy odore. In testa la sensazione di farcela nel sorriso un sorriso di vittoria e centosorrisi di compassione per verità che vittoria (non dato a sapersi ma dato per certo) sarà illusoria e ineludibile. Due gocce di profumo per diventare affascinanti come pubblicità, due gocce vittoriose per perdersi nella certezza di non averne. Di certezze, dico.
Mi giro, cammino sulle mani e così mi avvio verso un colloquio di lavoro senza inizio.
Vedo il mondo al contrario e mi da sicurezza sapere che così non mi sento solo, diverso, che le sfumature si specchiano nei miei iridi capovolti e diventano certezze. Può darti sicurezza camminare capovolto, è una soluzione semplice a semplicemente impossibili problemi.
Colloquio inizia senza formalità. Un calcio nei coglioni a Muccino e ai registi e scrittori generazionali che ti bombardano la testa con le loro lamentele che crescere è routine e la routine è male e cazzo la vita comune è noia.
Assaggio il mio primo sorso di routine e, devo dire la verità, non è niente male.
Chiudo gli occhi, la sento dentro di me, cresce.
Contatto altri pusher perché routine da assuefazione, ancora ancora di più! E in costume da bagno nella routine mi ci tuffo, abbozzo qualche piroetta che, resti fra noi, non mi riesce troppo bene. In realtà, sonora presa per il culo, routine è il nome della pasticca che ho preso ieri sera. Un allucinogeno molto potente, e quando mi sveglio ore 13.37, nuda a fianco a me c'è Miss Sconosciuta. L'appuntamento di lavoro, ore 9 è sfottuto. Do un bacio alla sconosciuta, che scoprirò in seguito essere Jade, baccante per professione e mia partner per hobby, infilo la giacca e gli occhiali (ray ban, of course), mi lavo i denti e fumo una sigaretta.
Alle 15 ho il secondo appuntamento di lavoro della giornata. Correttore di bozze in una casa editrice. Non c'è male.
Due gocce di profumo ed esco.
Già che ci sono provo a camminare capovolto. Non sai mai che da routine almeno questa volta (vaffanculo Muccino, vaffanculo) non riesca a tirare fuori qualche idea nuova.
E l'idea nuova puntuale si presenta.
Sii te stesso, mi ripete la vocina, sii te stesso.
Ora voi dovete sapere che quando tento di essere me stesso io ci riesco sul serio.
Ma il mio me stesso,sorpresa!, trema per l'ansia e pensa, pensa, pensa. Pensa alla lontananza, a strane immagini di mostri che si scambiano i pezzi, a Nme con i Mazzy Star in copertina, a certi capelli biondi, a determinati profumi difficili da dimenticare, a certe prime volte di cui ricordi gusto ma non sapore. A sbronze innocue e immobili, a acque crespe e fragili. A 37 numero di vanto. A una sirena e due brutti uomini vestiti di nero. A sorrisi di fratelli che non ci sono più e a notti passate ad attendere che la notte ti accarezzasse. A certe corse folli dietro ad un treno che in realtà era fermo. A concerti sonici con amici soliti. A partite epiche e istanti di tristezze.
E quando vedo un tram passarmi davanti, a due centimetri dal naso, capisco tutto. Che giovinezza è finita.
Tiro un lungo sospiro, mi aggiusto la spilla sulla giacca e inserisco il pilota automatico che mi porterà alla fine di questa storia.
Ma sono sicuro che se guardate dietro di me riuscite a scorgerla, che ride beffarda, leggermente incurvata, la dea puttana del 2005 , ladra di un album di foto che della giovinezza è più che ricordo,
è cuore.
Giuseppe Bottero