Belle, Sebastian, lei, noi
and i reminded myself of the words you said when we were getting on
Belle and Sebastian, I fought in a war
Belle
cammina per il parco, una giacca scura troppo pesante e un
cerchietto, a tenere fermi i capelli biondi, che la fa sembrare
bambina.
Belle pensa forte, ad arcobaleni che la porteranno a casa,
lei che viene dal regno incantato della pioggia e forse, un
giorno, avrebbe dovuto esserne regina.
Belle nelle orecchie ha delle cuffie, dentro una musica. Gentile,
azzurra, profumata di mattino. È la musica che amplifica il
suo cuore, dal viso allegro e dal sorriso spento.
Sebastian è più giovane di lei, fuma come nel film che ha
visto ieri sera. Nel film Sebastian era uno scrittore, nel
film Sebastian si innamorava.
Nel film Sebastian avrebbe dovuto essere più spigliato, avrebbe
preso Belle per mano e forse si sarebbero baciati.
Ora lui la guarda tenue, inciampa e cerca di non cadere, inciampa
e cerca una scusa, veloce, sotterranea.
Non funziona.
La regina al suo fianco ride, ancora.
La soluzione migliore è tirare fuori un'altra sigaretta, accenderla
sicuro. E poi tossire, e violentarsi per non sputare.
Sebastian è fatto così. Guarda troppi film, e passa troppi
pomeriggi disteso sul divano ad ascoltare i vecchi vinili
di suo zio. Pet sounds, c'è scritto su uno, il suo preferito.
Five Leave Left, ed in copertina un ragazzo biondo e bellissimo.
Sebastian vorrebbe assomigliare a lui, averne la stessa tristezza
espressiva. Sebastian non sa nulla sulla vita di quel ragazzo.
Forse è meglio così.
Sono quasi le sei, e alle sei a Glasgow è quasi notte. D'inverno
poi.
La fermata dell'autobus è a duecento metri. Un minuto, magari
due.
Domani la scuola è finita, domani inizia la vita, quella vera.
La regina e il sognatore non si vedranno più. Strade diverse.
Non che si siano parlati molto negli anni in classe insieme.
Anzi, non si sono parlati per nulla.
Sguardi, sorrisi magari.
Ma parole niente.
Nelle due teste pensieri così veloci che per capirli non basterebbe
essere un super eroe. Così veloci che per fermarli non basterebbe
una collina.
Talmente veloci che per farli stare tutti un quaderno sarebbe
poco.
Sebastian tiene un diario. Scrive quello che vuole. Ci scrivono
gli amici, quelli chiacchieroni e rumorosi delle ultime file.
Diversi da lui.
A pagina nove c'è un suo ritratto. L'ha fatto Belle. L'ha
disegnato enorme, pieno di muscoli. Forse lei lo sogna così
un ragazzo.
Belle rallenta il passo. Si lega una scarpa, guarda il bus.
È il suo, sta arrivando. Deve inventarsi qualcosa. Ma non
le viene in mente nulla.
-Sta arrivando il mio bus. Dovremmo sbrigarci.
-Già.
Passa un signore, con un carretto. Entrambi odiano le caldarroste.
Ma tant'è.
Dovreste vederli i nostri eroi. Dovreste apprezzarne lo sforzo.
Il sorriso, quando il pullman si ferma e non carica nessuno.
Belle ne è convinta, Sebastian ha capito tutto. Il cuore le
batte forte. Comincia ad arrossire, sta diventando come l'imbranato
al suo fianco.
Che, per inciso, non ha capito niente.
Non è stupido, affatto, solo a volte pensa troppo per capirci.
Ora per esempio pensa ad un disco, di nuovo. Non ricorda il
nome del gruppo, nemmeno la copertina. Qualcosa a proposito
di una regina, qualcosa di non troppo allegro probabilmente.
Credendosi eroe offre la sua sciarpa all'innamorata.
La prende.
È felice.
Fa caldo, davvero, e poi lei è allergica al pelo dei gatti.
Sebastian adora il suo gatto, spesso lo coccola, quando vestito
di tutto punto, sta per uscire di casa.
Iniziano gli starnuti, i pruriti.
Il vecchio delle caldarroste ride di questi due poeti del
niente. Beato lui.
Si guardano stanchi. Cercano una panchina, la trovano.
Sebastian crede che se esistesse una macchina per misurare
le emozioni dovrebbero testarla su di lui. Quasi esplode dalle
risate. Ma in silenzio, per non disturbare.
Belle crede che se esistesse una macchina per misurare le
emozioni dovrebbero testarla su Sebastian.
Sono così belli, dovreste vederli.
Senza guardarsi negli occhi si prendono per mano.
Senza guardarsi negli occhi sorridono.
Senza guardarsi negli occhi pensano a quello che verrà. Se
domani saranno insieme. Se arriveranno ancora bus e torneranno
a casa, evitando di dover passare tutta la notte nel parco.
E si baciano lenti, senza guardarsi negli occhi.
E inizia un mondo, fatto di colori talmente veloci da sembrare
in bianco e nero. Di melodie dolci e storie buffe.
Di baci timidi e sciarpe fastidiose.
Storie così, portate da un colpo di vento, nel parco, in un
pomeriggio di Glasgow.
Giuseppe Bottero