Capitolo I
(diario inglese di un trentennesomething che abbandona le sicurezze familiari e si catapulta con i suoi sogni vecchi di quindici anni nella landa da cui proviene quasi tutta la musica che ha amato)
E'
successo, non so come ma e' successo.
O meglio, lo so, ma posticipo ancora il senso di responsabilita',
mi fa sentire piu' indie. Da qualche tempo i miei amici mi sentivano
dire che mi sarei presto trasferito al mare, in un posto mediterraneo.
A Torino non c'e' il mare, lo cantavano anche gli Statuto. Cosi',
invertendo le direzioni del celeberrimo verso dei Felt "I was
heading North upon a plane that was heading South", quando ho
trovato un lavoro a Bristol ci sono volato, mentre sognavo una
spiaggia greca. Si' Bristol ragazzi, la citta' della Sarah Records
e della Subway Organization, la citta' che ha fatto da propulsore
per decine di fantastiche esperienze indiepop. Ed ora eccomi
qui, a "lavorare" per l'industria della musica in internet (ma
quando leggerete potrebbero gia' avermi silurato), a vedere
con i miei occhi, a sentire con le mie orecchie e a vivere con
il pastrocchio mente/cuore/corpo che cosa succede in questa
provincia inglese che a noi provinciali indiepoppers e' sempre
sembrata una Mecca a cui rivolgersi con devozione.
Si', i Massive Attack, i Portishead e Tricky. Quelli li conoscono
tutti. Ma i Flatmates? La Sarah? Mi ci sono voluti cinque giorni
prima di trovare un collega che finalmente mi dicesse "Sarah
Records? Yeah, Field Mice! I love them!". Sia ringraziato il
cielo. Lui si ricorda che la sede dell'etichetta era in una
via strana, in un edificio strano, ma non sa niente di piu'.
Si ricorda anche gli Heavenly. Non esageriamo a citare gli Orchids.
Mi dice che nell'intranet dell'azienda ha messo la compilation
Rough Trade Indiepop. E conosce Indiepop.it. E' un grande.
Giro decine di negozi di dischi e mi rendo conto che oggi questa
citta' s'identifica quasi totalmente con il drum'n'bass. E che
riuscivo a trovare piu' dischi indie e di piccole etichette
nei negozietti torinesi. Possibile? Mi dicono "This is not London".
E va bene, ma siamo o non siamo in Inghilterra? Comincio a pensare
che il culto ossessivo per la musica underground anglosassone
sia una prerogativa passata alle province dell'Impero. Ma non
temete, anzi tremate. D'invidia, perche' qui la scena dei concerti
e' eccezionale.
Prima pero' una piccola parentesi su come vivo qui. Abito a
St.George, un distretto operaio molto dignitoso. Davanti a casa
mia c'e' un grande parco, con un lago artificiale e due cigni
veri. Vicino c'e' Easton, area d'immigrati africani, asiatici
e jamaicani, vivacissima e zeppa di locali. Il mio landlord,
Paul, e' un perfetto gentleman: mi lascia usare computer e bici,
conversiamo in italiano, suona Chopin e Rachmaninoff quotidianamente
e cucina piatti deliziosi in cui mette spesso l'aceto di Modena.
Anthony e' un ragazzo cinese che suona la pipas (giuro), uno
strumento tradizionale della sua patria, ma si sta convertendo
alla musica indie... grazie a me. Ama Wong Kar Wai e mangia
quintali di fish&chips, in genere intorno all'una di notte.
Bristol fa circa 750.000 anime sobborghi inclusi. E' multiforme,
anche se a prima vista sembra tutta uguale. Il City Centre,
la piazza che fa da snodo a tutta l'area degli uffici, dei negozi,
dell'universita' e del mercatino di St. Andrews, potrebbe essere
uguale anche in Belgio. Pero' poi ci sono il Pero's Bridge e
il porticciolo. Del castello medievale purtroppo non rimane
che una cripta. Ad ogni angolo c'e' una chiesa neogotica, mentre
la Cabot Tower su Brandon Hill svetta un po' ovunque. Bristol
sta su sette colline, come Roma. E' tutta un saliscendi e infatti
mi stanno venendo dei polpacci splendidi a forza di pedalare
su e giu'. Hai capito, tu dall'Italia che a poche setimane dalla
mia partenza hai gia' ingerito la pillola del giorno dopo per
la nostra relazione appena concepita... tu che mi hai abortito!?!
Ti perdi dei polpacci EPOCALI.
Ma
passiamo ai favolosi gig di questo febbraio. Al Fleece mi vedo
un geniale Adam Green, via di mezzo se possibile fra Momus e
Jim Morrison, guascone da paura che ci fa prendere la pancia
in mano per tutto il concerto e insiste a dire che la gente
di qui "fuck sheeps". Tutti rispondono che quelli sono i gallesi
ma lui non ci sente. Ha una faccia davvero ridicola e le canzoni
funzionano benissimo. Prima di lui gli Gnomes. Una sera mi perdo
per un pelo gli Aberfeldy. Alla Folk House, un intimo salottino
dove le suit sono sixties e le pose sono college, ci sbarco
la medesima sera in cui Massive Attack, Portishead, Coral, Robert
Plant (!) e special guests condividono lo stesso palco per un
Benefit pro vittime dello Tsunami (ovviamente sold out). C'e'
un festival neo folk e fra i gruppi i North Sea Navigator, in
cui suona Paul Nash dei Gravenhurst (che suonano in citta' due
sere dopo). Non male ma niente di memorabile. Di nuovo al Fleece
per il Go Team! supportato dalle Pipettes. Queste ultime fragoroso
girl-group Shangri-La's style, il Team divertente anche se i
volumi fuori controllo attenuano l'impatto e c'e' una cicciona
stile Ozzy Osbourne "quasi" al femminile che continua a tirarmi
pugni. Ma che vuole?! Meraviglioso senza mezzi termini il concerto
degli Hood nella fantastica venue del Cube: un ex cinema "miniplex",
casa di bambola, tutto legno e seggiolini stretti stretti, teatrino
in cui i fantastici ci incantano con un magma atmosferico fatto
della densa pasta del loro suono e delle immagini di "found
landscapes" che scorrono sullo schermo. Che delizia, con quell'ottimo
vino, sprofondare nel mio seggiolino. Unico rammarico, la stessa
sera a Bath suonano, insieme, Saturday Looks Good To Me, Speedmarket
Avenue e Cuban Heels! Ma poi c'e' il gig dei Wedding Present
al Bierkeller. Come si dice, le vecchie glorie non deludono.
David Gedge e soci sono amatissimi, sembra quasi di essere in
Italia a un concerto dei Nomadi. Gente commossa, gente che sa
a memoria le canzoni. Loro sono in formissima e so che arriveranno
fra poco dalle vostre/nostre parti...
E la Sarah? E Clare Wadd? E Matt Haynes? Li avro' gia' incrociati
a qualche gig?
Devo scoprire qualcosa, strappare il velo Portishead/Drum n'Bass,
vedere cosa c'e' sotto... E magari capire... "Che ci faccio
io qui?"
Davide Ariasso
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